martedì 26 giugno 2012

ECCO A VOI LA "BANDA BASSOTTI"

LA BANDA
Nel mondo della Walt Disney, la Banda Bassotti (in inglese Beagle Boys) appartiene alla schiera dei cattivi. I Bassotti sono stati creati da Carl Barks nel 1951 quando apparvero nella storia Paperino e la banda dei segugi.
Sono una banda di malviventi di Paperopoli, composta da fratelli, il cui obiettivo principale è rubare denaro a Zio Paperone e non solo. Non si conosce il loro nome, ma soltanto la loro matricola carceraria impressa sulla targhetta gialla che ciascuno di essi porta in bella evidenza sulla maglietta rossa: i numeri classici sono 176-617, 176-761, 176-176. A seconda dell'autore, la banda varia la loro composizione; i primi Bassotti, sia quelli di Barks che le creazioni italiane, erano identici tra loro. Una versione italiana introduce Nonno Bassotto, che sulla targhetta porta la scritta "grazia".
Nella versione animata "Duck Tales" i Bassotti hanno corporature diverse e sono capeggiati da Mamma Bass.
L'aspetto dei Bassotti cambia notevolmente a seconda del disegnatore. I disegnatori americani li raffigurano tarchiati, mentre alcuni loro colleghi italiani (in particolare Cavazzano) li rendono più snelli e atletici. Altri autori italiani (come Bottaro e Chierchini) li rappresentano come grassocci e con la barba di due giorni.
Nella versione a fumetti di Don Rosa, i Bassotti sono sette. Il loro numero di matricola è sempre del tipo "176-***" dove i tre asterischi indicano una permutazione delle 3 cifre precedenti, come 176-176, 176-671, ecc. Tuttavia, le permutazioni delle tre cifre sono solo sei. Nelle vignette di Don Rosa, quando tutti i Bassotti compaiono in una vignetta, c'è sempre uno del gruppo la cui targhetta è in parte coperta, in modo che le ultime tre cifre non siano leggibili (vedi anche l'articolo "Matematica nel fumetto" di Marco Abate, in "Matematica e cultura 2004", Springer).
I Bassotti vivono alla periferia di Paperopoli in modeste condizioni economiche: il loro covo è una baracca di legno, in alcuni casi una roulotte.
Infine vi sono storie in cui i Bassotti appaiono come una vasta organizzazione criminale con ramificazioni in tutto il mondo. I membri della Banda hanno tutti il medesimo aspetto, con qualche variazione.
La Banda Bassotti è occasionalmente protagonista di alcune storie e non più semplice antagonista di Paperone, che a volte non c'è nemmeno.
I  BASSOTTI PIU CONOSCIUTI
Bassotti più ricorrenti nelle storie Disney a fumetti sono:
  • 176-176, il meno stupido, ma anche il meno ascoltato;
  • 176-761, il più sciocco tra i Bassotti, arrivando spesso a mandare all'aria i piani dei Bassotti, è golossimo di prugne. 761 è il Bassotto più usato finora nelle storie;
  • 176-671, è un misto dei 2 precedenti: né tonto, né intelligente[1];
  • 176-617, usato più spesso nelle vecchie storie, è a volte sostituto di 176-671;
  • 176-167, usato spesso nelle vecchie storie, è ora in disuso graduale;
  • 176-716, usato nella vecchie storie, non è più usato;
  • Nonno Bassotto, è il capobanda della famiglia, ha sempre l'idea migliore e cerca inutilmente di insegnare qualcosa ai nipoti, ma i suoi piani falliscono. Come già citato, sulla sua targhetta, invece del numero come per gli altri, appare la scritta GRAZIA. 
  • I PARENTI DEI BASSOTTI DELLA MITICA BANDA
  • Nel corso degli anni sono stati ideati innumerevoli membri del clan dei Bassotti (con ogni probabilità almeno un centinaio), spesso con una sola apparizione. Sono presenti anche molte contraddizioni. In molti casi, tuttavia, il genio di famiglia è quasi sempre Intellettuale-176, un personaggio ricorrente, rappresentato con occhiali e "tocco" accademico.
    Nel 1995 su Topolino furono proposti senza successo gli Y-Bassott, equivalenti "supereroici" dei Bassotti, nella storia Irrompono gli Y-Bassott.[2]
    Altri Bassotti caratterizzati compaiono nelle storie di Superpippo nelle vesti di antagonisti, e dotati di varie particolarità.
  • 001, primo Bassotto ad essere stato rinchiuso nel penitenziario di Sing Song a Paperopoli, è ora nel Penitenziario dell'isola dei gabbiani e ha il numero 0000000000.
  • Terremoto 404, che compare solo in I Bassotti e il terremoto di... famiglia e può scatenare terremoti quando si arrabbia. Vive a San Francisco.
  • Affitto-176, che compare in I Bassotti in: cercasi covo.
  • Intellettuale-176, chiamato anche "Genius" o "Genio": dopo Nonno Bassotto è il Bassotto individuabile più ricorrente, rappresentato con occhiali e "tocco" accademico. La sua targhetta è "I-176". Soprattutto ideatore e coordinatore di piani criminali, viene rappresentato in alcune storie come un inventore quasi al livello di Archimede Pitagorico.
  • L'"unico Bassotto buono" (BB0)[3] esistente al mondo ha il numero 0001: è stato arrestato un'unica volta a causa dei parenti.
  • Uno dei pochi personaggi femminili della famiglia, nonché dei pochi veri sportivi fra i Bassotti, è Olimpica 167-176.
  • La cugina Bonnie-176 con la figlia Penny, che da grande vuole diventare una poliziotta.
  • Giustino de Bassot, giudice di Legalopoli (si vede di passaggio in I Bassotti e la pecora nera, storia dedicata ai soli Bassotti).
  • "Sherlock Bassotto" è un investigatore. Porta insieme la mascherina, e un berretto da Sherlock Holmes, di cui ricalca vezzi e capacità. Nell'unica storia in cui compare, si dice che inizialmente era noto come "il Bassotto rapinatore", ma in carcere si è appassionato follemente alle storie investigative.
  • Doc Bassotto, nella stessa storia, è il suo assistente. Riferimento al dottor Watson.
  • Bum-Bum Bassotto: Bassotto esperto in bombe e in esplosivi. Va in giro vestito da bomba, con la miccia accesa. Compare in una storia di Superpippo, tra gli antagonisti, insieme a Intellettuale-176 e altri specialisti.
  • Bassotto 399 - 993 : Bassotto onesto, amico di Paperone;[4] lavora per lui, ma lascia la famiglia per i contrasti tra Paperone e Nonno Bassotto
  • Bassotto Verità : Bassotto che non mente mai, tant'è che ha l'aureola.
  • Nonna Bassotta e le Bassotte
  • Lo zio Zero è l'unico Bassotto che non è mai stato catturato, perciò il suo nome è solo un soprannome. Ha due lunghi baffi. Compare in una storia come antagonista di Superpippo. Alla fine viene arrestato e viene assegnato un numero anche a lui.
  • In Topolino n° 1078 compare anche il cugino Mezza Calzetta, molto piccolo di statura con matricola 1/2 e di madre tedesca.
  • Nel 1977, in una storia apparsa su Almanacco Topolino, i Bassotti ricevono la visita del loro parente Bassotto Timido, che a causa del suo carattere si nasconde sotto il divano, per cui non appare mai. Tuttavia i parenti paperopolesi scoprono che è identico a loro grazie all'impronta del suo corpo lasciata sulla polvere del pavimento.
  • Va infine ricordato il Bassotto zero-zero-nulla che non è mai riuscito a portare a segno un vero colpo. Malgrado ciò, alla fine della storia in cui compare compie da solo un colpo progettato dai Bassotti di Paperopoli, per poi fuggire col maltolto lasciandone una copia, poi rubata da 176-176, 176-167 e 176-761.
  • Bassotto Ghiotto, un Bassotto particolarmente corpulento che fece fallire un colpo della banda in una gioielleria priva di impianto d'allarme, perché sfondò un muro che divideva la stessa da una pasticceria che invece aveva l'impianto. Nella stessa storia sono citati un Bassotto Palo e un Bassotto Scasso.
  • Bum Bum Ghigno, Finisce in carcere a causa di un incidente causatosi vicino ad una banca mentre stava eseguendo una commissione per Archimede Pitagorico, finisce in carcere facendo la conoscenza Bassotti tradizionali, evadendo successivamente con loro e indossando la loro uniforme.
  • Bassotto Testa d'Uovo, che compare nella storia di Paperino e la nuvola intelligente, indossa la targa 176-167 come anche un altro dei bassotti tradizionali, è un inventore che è stato escluso dalla BB perché spendeva troppi soldi in invenzioni
  • Mamma Bass, comparsa nella serie televisiva Duck Tales. Indossa un capellino di paglia, uno scialle rosso ed una gonna blu nonché l'immancabile mascherina sul volto. si lamenta sempre dell'incapacità dei suoi figli, ed in un episodio riesce a farsi passare per la moglie di Paperone
  • 000-000, l'unico Bassotto onesto esistente al mondo e vergogna della famiglia.
Esistono inoltre bassotti di ogni nazionalità.
Nella saga di Zio Paperone di Don Rosa, il giovane Paperone incontra per la prima volta la Banda Bassotti, con a capo Capitan Bassotto (chiamato in originale Blackheart Beagle, il quale tornerà nell'ultima storia della saga con i suoi nipoti e un aspetto simile a quello del Nonno Bassotto italiano), lungo il fiume Mississippi. Questa storia deriva da una storia ambientata successivamente, ma scritta da Carl Barks, in cui compaiono per la prima volta gli antenati dei Bassotti. In queste storie i Bassotti hanno un aspetto simile a quello classico, ma in più hanno lunghi mustacchi arricciati e il capobanda è vestito da capitano.
  • In alcune storie più datate, il loro animale domestico era un gatto chiamato Mitraglia, mentre nelle storie più recenti che vedono i Bassotti protagonisti, si è unito alla banda un cane (guarda caso un bassotto) chiamato Ottoperotto, con il numero 64 scritto sulla targhetta. Cane addestrato ovviamente a rubare, ma che finisce sempre per combinare qualche guaio a spese della banda bassotti per il suo insaziabile appetito.
  • Esistono infine anche tre nipotini dei Bassotti chiamati Bassottini, presenti soprattutto negli albi di Topolino degli anni '70. Sono gli unici bassotti riusciti a penetrare con successo nel deposito De' Paperoni, nella storia "Zio Paperone e la Bass-Hot-Band". Questi, tuttavia, non sono animati da intenti criminali, ma solo dal desiderio di ottenere un'audizione perché vorrebbero incidere un disco rock. De Paperoni è entusiasta di cavarsela con così poco, tanto più che l'incisione del disco riscuoterà un immenso successo e la banda diventerà la più famosa di tutta Paperopoli.
  • In uno dei più recenti fumetti compaiono anche delle ragazze bassotto di cui non si conoscono i nomi. Giocano a calcio nelle Scotia Girls e aiutano i Bassotti a svaligiare il deposito. Alla fine vengono catturate insieme agli zii a suon di pallonate da Emy, Evy, Ely, le Duck Pink (squadra di calcetto femminile sponsorizzata da Rockerduck dove giocano anche le nipotine) Qui, Quo e Qua nello stesso deposito nel mezzo di una partita tra Duck Pink e Scotia Girls.
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domenica 24 giugno 2012

TI SEI MAI FATTO UN TRIP?

avete mai sentito parlare di un trip? di un viaggio con la droga? di lsd?? o altri allucinogeni?? bene qui con l'aiuto di wikipedia cerchiamo di dare una spiegazione tecnica di cosa sia un TRIP e le sue conseguenze....

Trip (termine di origine anglosassone che tradotto letteralmente significa "viaggio") è ormai entrato nel gergo comune per indicare specificamente uno stato di alterazione psico-fisica dovuto all'assunzione di sostanze allucinogene quali LSD, mescalina o altre. Con l'aggiunta dell'aggettivo bad (bad trip), si indicano in specifico le esperienze psico-fisiche definibili come negative o spiacevoli per il soggetto. In italiano è spesso usata l'espressione sotto acido.
Gli effetti delle sostanze allucinogene sono molteplici e spesso imprevisti, durante un trip infatti, soprattutto durante le prime assunzioni, spesso non si riescono a provare sensazioni piacevoli. Inoltre, le reazioni dei soggetti durante il trip possono essere pericolose sia per la propria incolumità sia per quella altri. Gli effetti della sostanza o sostanze sull'individuo dipendono anche dalle condizioni fisiche e psichiche del soggetto, dal luogo in cui la si assume (set e setting), dalla quantità e qualità della stessa e dall'assuefazione del soggetto a quella data sostanza.

La scala Shulgin

Alexander Shulgin propose la seguente scala del grado d'intensità.
  • Livello (-) o Meno
Livello definito comunemente "baseline": nessun effetto riscontrato dall'assunzione di una sostanza.
  • Livello (+/-) o Più-Meno
Stato di "allerta". Lieve alterazione della "baseline" non necessariamente dovuta all'assunzione di una sostanza (possibile placebo). I primi blandi effetti percebili in questo livello sono comunque facilmente controllabili e controvertibili.
  • Livello (+) o Più-Uno
Lo stato di "allerta" evolve verso una condizione di alterazione inequivocabile e quantificabile in termini di durata ma non di natura.
  • Livello (++) o Più-Due
Alterazione incontrovertibile e quantificabile sia in termini di tempo e di natura (si possono descrivere perfettamente gli effetti visivi o tattili o emotivi). Permane la capacità di autocontrollarsi, benché il soggetto tenda ad evitare di essere deviato dall'esperienza.
  • Livello (+++) o Più-Tre
Totale coinvolgimento nell'esperienza e incapacità di ignorare o controllare gli effetti della sostanza. Permane quasi del tutto l'integrità delle capacità cognitive.
  • Livello (++++) o Più-Quattro
Condizione di trascendenza, definibile anche come "esperienza di picco", "esperienza mistica". Non è semplicemente un livello superiore agli altri in termini di scala, quanto piuttosto una condizione indipendente e non comparabile quantitativamente. Questo stato non dipende dal tipo di sostanza (o dal tipo di tecnica o di processo) né dalla quantità assunta e non è provocabile volontariamente né ripetibile a piacere. Questo tipo di esperienza non solo trascende le capacità cognitive individuali, trascende anche la percezione della condizione umana.[1]

sabato 23 giugno 2012

LA SECCESSIONE DELL'ISOLA DELLA ROSA

ma quale lega? ecco la storia della vera prima seccessione italiana.... meraviglia
Questa notte lungo tutta la riviera romagnola si terrà la “notte rosa”, una sorta di notte bianca.
Ma dietro questa festa si cela un episodio storico curioso.
Siamo nel 1968. L’ingegnere bolognese Giorgio Rosa inizia la costruzione una piattaforma di 400 metri quadrati in mare, al largo di Bellaria Igea Marina. Fin qui nulla di strano, direte..
La particolarità risiede nel fatto che la proclama come “Repubblica indipendente dall’Italia”.
Rosa ne diventa presidente e sceglie l’esperanto come lingua ufficiale.
Viene emesso anche un francobollo dell’”Esperanta respubliko de la Insulo de la Rozoj” con tre rose rosse. Una rarità per i filatelici.
La capitaneria di porto di Rimini è infuriata.
La piattaforma si trova in acque internazionali e diversi turisti iniziano ad affollare l’isola artificiale.
Si fa intervenire la marina che la circonda e la espropria senza l’uso della forza.
Il “Presidente” Rosa protesta, scrive a Saragat, allora Presidente della Repubblica Italiana.
Ma è lettera morta. La marina piazzerà poi degli esplosivi facendo inabissare le speranze di questa giovane Repubblica durata appena 55 giorni.

mercoledì 20 giugno 2012

MALAVITA: LA BANDA DELLA COMASINA

 INIZIAMO UNA CARRELLATA DI PRESENTANZIONE DELLE MAGGIORI ORGANIZZAZIONI DELINQUENZIALI CHE HANNO OPERATO NEL NOSTRO PAESE. NON VOGLIAMO LA LORO ESALTAZIONE. MA E' GIUSTO CONOSCERE QUESTO FENOMENO CHE E' PARTE DELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE.

 

Banda della Comasina

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La banda della Comasina è il nome con cui i mass media italiani erano soliti indicare un gruppo delinquenziale attivo negli anni '70 in rapine, sequestri di persona, traffico di stupefacenti e di armi, nella zona nord di Milano, ovvero la Comasina.
La zona d'azione comprendeva il controllo di interi quartieri milanesi, con la presenza taluna di posti di blocco ben circoscritti, formati da membri e in cui membri delle forze dell'ordine venivano rapinati e denigrati.
Comandata sotto l'egemone guida di Renato Vallanzasca, si scontrò spesso con la banda di Francis Turatello attiva in tutta Milano e a capo di numerosi traffici. Insieme a Vallanzasca, si ricordano i membri più famosi della banda: Antonio Colia, Rossano Cochis, Vito Pesce, Mario Gatti, Carlo Carluccio e Antonio Furiato, quest'ultimi due morti in scontri a fuoco con le forze dell'ordine rispettivamente in Piazza Vetra a Milano, durante un sopralluogo per una rapina e al casello autostradale di Dalmine, mentre la banda, al completo, stava organizzando il sequestro di un imprenditore bergamasco. L'impresa criminale più famosa compiuta da questa organizzazione è il sequestro di Manuela Trapani, figlia sedicenne di un imprenditore milanese. La storia della banda della Comasina è riportata nel libro "il fiore del male", scritto dal capo della banda Renato Vallanzasca. Vi è comunque da dire che, nonostante questa banda si sia macchiata di efferati delitti e abbia segnato in modo molto negativo la storia della città di Milano, i criminali che ne facevano parte non hanno mai avuto alcun contatto rilevante con il mondo della grossa criminalità organizzata italiana, al contrario della banda di Francis Turatello o di altre bande cittadine come la Banda della Magliana di Roma o la Mala del Brenta di Felice Maniero di Padova.

LE FAVE. BACCELLI RICCHI DI SOSTANZE BENEFICHE

Le Fave, contenute in un lungo baccello rivestito da uno strato spugnoso, sono il frutto di una pianta coltivata già 3000 anni fa e rinvenuta in  tombe egizie, a dimostrazione che sono i primi legumi che l'uomo abbia mangiato. Per le sue caratteristiche botaniche e per le sue proprietà  alimentari la fava, nel tempo, ha evocato numerosi simbolismi, spesso fra loro contrastanti. Presso i Greci ed i Romani, le fave non godevano di buona fama: si pensava che nei loro semi si nascondessero le anime dei defunti.
Altre credenze attribuivano loro proprietà afrodisiache e secondo Aristofane erano il cibo preferito da Ercole. In passato le fave secche erano il nutrimento tipico di molte persone appartenenti a classi non agiate e venivano chiamate la carne dei poveri, e ciò a ben ragione. Questi legumi ricchissimi di sostanze nutritive benefiche per la nostra alimentazione quali proteine, fibre, vitamine e sali minerali importanti, sono molto utili per combattere il colesterolo e la glicemia alta. Le fave fresche sono tra i legumi, le meno caloriche, 37 calorie per 100 gr., ma per le fave secche l'apporto calorico sale a 342 calorie per 100 gr. di prodotto consuumato. Quando si comprano bisogna accertarsi che il baccello sia turgido, senza macchie, e lucido; ad autenticarne la freschezza è lo schiocco che deve fare il baccello quando lo si spezza. Le fave fresche sono delicate, si conservano in frigorifero al massimo 2-3 giorni; in alternativa, si possono sbollentare per 3-4 minuti, farle raffreddare, riporle in sacchetti ben chiusi e congelarle. In cucina si utilizzano in vari modi: crude con l'immancabile pecorino o salumi, cotte per la preparazione di zuppe e minestre. Per finire, un dilemma che si è sempre posto in cucina: mondare o no le fave? A rigor di termini non avrebbe molto senso privarle della buccia esterna. Spesso lo si fa quando la buccia risulta un pò dura, o quando lo richiede la ricetta; ricordiamo, però, che così facendo si perdono il 50% dei nutrienti, soprattutto di fibra.

martedì 19 giugno 2012

UN'ESTATE IN MONGOLFIERA








*** NEWS GIUGNO 2011 ***
      mongolfiere.it        

GIUGNO                                                                                                                   

VI° Mongolfiere sul Balcone (Cingoli, Macerata)  29-30 giugno e 1 luglio 2012
Charbonnier Mongolfiere in collaborazione con l'ASCAT organizzerà la sesta edizione del festival delle mongolfiere di Cingoli, unico evento aerostatico della regione Marche. A contorno delle mongolfiere sono previsti mercatini, mostre, punti ristoro e spettacoli serali con cover-band  (Scarica il programma).
Foto in alto sorvolo dei campi di Girasole
Per informazioni e prenotazioni voli  chiama lo 0165765525 oppure scrivi a  info@mongolfiere.it - Pernotamenti: http://www.verdeazzurro.it/



Charbonnier Mongolfiere al BTC di Rimini il 21 e 22 giugno

Ti aspettiamo allo Stand n.180
 

Vola e Gusta
Forlinpopoli (Forlì-Cesena) 22-23 giugno

Voli ancorati con la nostra nuova mongolfiera Bianca personalizzabile ideale per eventi in notturna.
 


LUGLIO                                                                                                                    
 Voli a Roma 20-29 LUGLIO 2012

dopo aver ricevuto decine di rischieste negli ultimi 12 mesi, diamo la nostra disponibilità per voli in provincia di Roma con decolli da Ponzano Romano da venerdì 20 a domenica 29. I voli saranno prevalentemente al mattino presto con sorvolo della vallata del Tevere. In base alle richieste verificheremo se restare tutti e 9 i giorni o concentrare i voli con più mongolfiere sul secondo weekend.
Per informazioni e prezzi inviate una mail a info@mongolfiere.it


AGOSTO                                                                                                                  

Charbonnier Mongolfiere vola ai Mondiali

Dal 17 a 25 agosto 2012 rappresenteremo l'Italia ai Campionati mondiali di volo in mongolfiera che si terranno a Battle Creek, Michigan, USA
I 100 migliori piloti al mondo si svideranno sui cieli americani per decretare il campione 2012.


 
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SE NON VUOI PIU' RICEVERE LE NOSTRE NEWS, ci scusiamo per il disturbo e ti domandiamo di inviare una e.mail all'indirizzo info@mongolfiere.it, contenente l'indirizzo e-mail da cancellare e la scritta CANCELLA. Il nostro staff provvederà immediatamente a cancellare il tuo nominativo dal nostro database. Nel caso riceviate più e.mail uguali o doppioni comunicatecelo.


www.mongolfiere.it

lunedì 18 giugno 2012

PROPRIETA' E BENEFICI DEL PISELLO (LEGUME)



piselli
Il Pisello è un ortaggio che ha una composizione davvero originale:
  • contiene meno acqua rispetto ad altri ortaggi: 72-80% (rispetto ai livelli normali di altre verdure, in media il 96%)
  • è ricco di carboidrati, proteine, fibre e sali minerali. I carboidrati sono veramente oltre la media di altre verdure (2-4%); nei piselli sono presenti in media 12g ogni 100g.
  • fornisce una modesta quantità di energie 80 kcal ogni 100g
  • Carboidrati
    Il contenuto di carboidrati può subire grandi variazioni; i piselli in maturazione sono molto ricchi di acqua ma, man mano che il processo và avanti, l’acqua diminuisce e il pisello si arricchisce di carboidrati.
    La natura dei carboidrati varia anch’essa a seconda del grado di maturazione. Nello stadio iniziale vi è ricchezza di saccarosio, fruttosio e glucosio; in questa fase il pisello risulta particolarmente dolce. Poi nei giorni a seguire aumenta la percentuale di amido e il pisello perde lentamente la sua dolcezza.
    Fibre
    Le fibre rappresentano circa il 4-6% del peso complessivo del pisello. Inizialmente ricco di emicellulosa, in maturazione lascerà il posto a lignina insolubile.
    Proteine
    Alto è anche il valore proteico dei piselli: 6 g per 100 g (dalle 3 alle 5 volte maggiore della maggior parte degli altri ortaggi).
    Come tutte le proteine vegetali, le proteine del pisello sono carenti di alcuni amminoacidi essenziali. Tra questi va sottolineata la carenza di Metionina (amminoacido apolare). Per integrare le carenze proteiche dei piselli basta includere nella dieta le proteine dei cereali. Il consumo di pane durante il pasto è un modo semplice per ottimizzare l’uso da parte del corpo delle proteine presenti nei piselli.
    Lipidi
    I Lipidi (grassi) contenuti nei piselli sono circa 0,7g ogni 100g, valore molto superiore alla media degli altri ortaggi che non superano i 0,1-0,2g. Questi Lipidi sono composti per il 44% da Acidi Grassi Saturi, prevalentemente Acido Palmitico(Acido Esadecanoico) e per il resto di Acidi Grassi Insaturi.
    Sali Minerali e Oligoelementi
    Il Pisello è un ortaggio molto ricco di sali minerali e oligoelementi, oltre 900mg per 100g. Il potassio da solo ricopre circa un terzo del totale (300 mg). Abbondante è anche il fosforo (125 mg). Magnesio (35 mg), calcio (25 mg), ferro (2 mg).
    Tra gli oligoelementi ricordiamo: cobalto, fluoro, iodio, manganese, nichel, rame, selenio e zinco.
    Vitamine
    Anche le vitamine non fanno eccezione e sono presenti nei piselli in notevole quantità. Le Vitamine del gruppo B (esclusa la Vitamina B12) sono dalle 2 alle 5 volte più abbondanti che in altre verdure. Nei piselli freschi troviamo: Vitamina B1 (0,4 mg), Vitamina B2 (0,14 mg), Vitamina B3 (2,2 mg), Vitamina B5 (0,45 mg), Vitamina B6 (0,16 mg), Vitamina B8 (5 mg), Vitamina B9 (70 mg).
    Il tasso di Vitamina C è di 30 mg (dopo la cottura ne restano circa 14 mg).
    La Vitamina E è abbondante nei piselli ed è un ottimo antiossidante. Anche la provitamina A (carotene) è un ottimo antiossidante ma il suo contenuto è moderato (circa 0,3 mg).
    Aspetti nutrizionali e dietetici
    I piselli si rivelano un ottimo alimento per regimi dietetici volti alla perdita di peso. Sono gustosi e danno velocemente il senso di sazietà.
    Inoltre, per via della loro composizione (ricchezza di carboidrati, fibre e proteine), i piselli forniscono energia che viene utilizzata dal corpo gradualmente. Così, 150 g di piselli sono sufficienti per soddisfare l’appetito con sole 120 kcalorie. (Leggi anche: Trucchetti per ingannare l’appetito e per non ingrassare)
    Il pisello fornisce molte sostanze indispensabili per una dieta corretta ed equilibrata.
    E’ davvero una buona fonte di:
  • Proteine vegetali: una porzione di 150 g di piselli fornisce 9 g di proteine, il 12-16% della dose giornaliera raccomandata.
  • Fibre: Molto efficaci per stimolare la motilità intestinale e per lottare efficacemente contro la stitichezza. I piselli contengono circa 6g di fibre per 100g.
  • Vitamine del gruppo B e Vitamina C
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venerdì 15 giugno 2012

MA COSA VUOL DIRE FROCIO????

in questi giorni si è parlato di gay apostrofati come Froci... abbiamo fatto una ricerca sulla parole Frocio e la descrizione più convincete e realista che vi proponiamo arriva direttamente dal sito omosessuale.it

FROCIO

“Frocio” (meno spesso “froscio”) è una parola del dialetto romanesco poi passata anche nell’italiano. 
Frocio però non si deve ai romani: lo si deve ai francesi. La raffinatezza dei francesi, qui da noi, è sempre stata proverbiale. E continua ad esserlo: quando si vuole fare la parodia di un parrucchiere alla moda, o di uno stilista, è quasi impossibile non arrotare le erre, e non trasformare le C in Sc. Ed è altrettanto impossibile non ancheggiare, e non muovere eccessivamente braccia e mani in modo caratteristico.
Un combinato disposto di machismo, complesso di inferiorità e ignoranza piccolo-borghese ci ha portato ad avere in sospetto, e di conseguenza a mettere in ridicolo, quello che ci appare come un surplus di cultura e di stile. L’idea che la mascolinità debba accompagnarsi necessariamente alla ruvidezza dei modi, e a una certa ostentata incultura,è ancora oggi abbastanza diffusa.  
Questo timore del “troppo” in eleganza e raffinatezza si accompagna anche al timore del “troppo poco”:di non essere adeguato in molti contesti. Il piccolo borghese in scalata sociale cerca di migliorarsi, di sembrare meno terra-terra di quel che purtroppo è, e sa di essere. Così per l’incertezza di adottare il comportamento più adeguato e di scegliere tra il desiderio di apparire rude e maschile ma anche perbene e colto si sente spesso a disagio.
Da quest’ambivalenza l’italiano medio (piccolo piccolo) si salva in un modo che gli è congeniale: sfottendo. Gli altri. Un’arte nella quale i romani sono maestri.
 E’ così che “fransè” (francese), con uno scivolamento buffonesco della S, diventa “franscè”. Pronuncia: fronscè. Da cui froscio, e frocio.
Sfottere uno straniero, oltre che divertente, è necessario per alleggerire la tensione, quando quello straniero viene in casa tua a farla da padrone. I francesi lo hanno fatto, in Italia, abbastanza spesso: a Roma, nel caso specifico, sono giunti all’inizio dell’800, al seguito di Napoleone.
Non si creda però che i cittadini romani ce l’avessero soltanto con i francesi; nel 1825 erano democraticamente definiti “froci” tutti gli stranieri residenti a Roma, comprese le milizie papaline: gli svizzeri. Questi ultimi vestivano le famose originalissime divise, disegnate – a quanto sembra – da Michelangelo. E colorate come i vestiti delle donne nei giorni di festa.
Un po’ per volta, “frocio” comincia a slittare pericolosamente verso un’area sempre più negativa: fino ad assumere il significato di “uomo spregevole”, a prescindere dalla sua nazionalità.
Scendendo ancora lungo la china della denigrazione: quale uomo è più spregevole di un sodomita passivo? Et voilà: il gioco, ancorchè pesante, è fatto.
Da allora il (termine) frocio ne ha fatta, di strada.
 Nel 1910 la malavita lo ha utilizzato per dire “effeminato”. A dare a questa parola il significato che gli attribuiamo adesso, su tutto il territorio nazionale, hanno contribuito fortemente il cinema italiano del secondo dopoguerra, e la letteratura, da Moravia a Pasolini.
La tesi della provenienza di “frocio” da fronscè: pronunzia volutamente scorretta di “fronsè”, non è comunque l’unica. Curiosamente, peraltro, sono ancora degli stranieri ad essere chiamati in causa. In questo caso, non per la raffinatezza, ma per la loro estrema rudezza. Stavolta non parliamo di francesi, ma di tedeschi: i famigerati lanzichenecchi.
I romani ne conobbero da (troppo) vicino la leggendaria spietatezza, e i disinvolti costumi sessuali: durante il tragico sacco di Roma del 1527, questa milizia speciale al soldo dell’imperatore pare abbia stuprato tutti, uomini e donne che fossero. Per questo motivo i romani, terrorizzati, li chiamarono “feroci”: da qui, “froci”.
Secondo altri studiosi, frocio deriverebbe invece da “froge”: le ali del naso dei lanzichenecchi stessi, che si enfiavano e si arrossavano quando avevano bevuto. Cioè, quasi sempre.
Il legame con le “froge” potrebbe però essere un altro: sembra che a Roma ci fosse una “fontana delle froge”, presso la quale anticamente gli omosessuali della città si davano convegno.
Un’altra ipotesi fa risalire “frocio” a “floscio”, dallo spagnolo “flojo”, che vuol dire afflosciato, molle. Per via della rotacizzazione della “l”, tipica e molto frequente nel romanesco, la elle si trasforma in erre: così “floscio” diventa “froscio”. E poi frocio. Individuo passivo, privo di nerbo.
 
Se,come sembra assai probabile, il termine frocio sia cominciato a circolare solo all’inizio del ‘900, i poveri lanzichenecchi sarebbero stati accusati ingiustamente. Una volta tanto.

L'ALLUVIONE IN VALTELLINA DEL 1987

A metà luglio 1987 dalle latitudini artiche una grande massa di aria fredda scese verso l’arco alpino, sul quale si trovava una massa di aria molto calda ed umida. La pressione si abbassò bruscamente, ma le temperature rimasero elevate (lo zero termico fu registrato a 4000 metri). Dopo un periodo di forti piogge, che interessano tanto il fondovalle come i ghiacciai più alti, il[1]18 luglio alle 17.30 nel paese di Tartano un'enorme massa di acqua e fango si abbatté sul condominio La Quiete tranciandolo a metà. L'evento interessò anche la strada sottostante e l'albergo Gran Baita, dove persero la vita 11 turisti. Lo stesso giorno, il fiume Adda ruppe l'argine settentrionale poco a ovest di San Pietro di Berbenno, allagandolo e coinvolgendo anche Ardenno, Fusine, Selvetta e Cedrasco. Ciò causò l'interruzione dei collegamenti stradali e ferroviari con la parte orientale della Provincia di Sondrio, molte persone vengono sfollate dalle loro case.
Vi furono critiche su come l'emergenza fu affrontata dal nuovo governo di Giovanni Goria. Le critiche si appuntarono in particolare sul nuovo ministro della Protezione civile Remo Gaspari nominato il 28 luglio, in piena crisi valtellinese, in sostituzione di Zamberletti, titolare del ministero per alcuni governi e con lunga esperienza di gestione di catastrofi nazionali; Gaspari, come del resto la maggior parte dei ministri, essendo un politico non poteva avere una competenza specifica nel campo della protezione civile e si era ritrovato a quel ministero in seguito alla distribuzione di incarichi bilanciata fra le correnti politiche del nuovo governo. Comunque, l'esecutivo sospese le tasse in Valtellina ed esonerò dal servizio militare tutti i giovani valtellinesi. I danni, inizialmente stimati in 1200 miliardi di lire, risulteranno essere 4000.
Nel capoluogo di Sondrio, il torrente Mallero sembrava dover straripare, così come il torrente Bitto a Morbegno, mentre il fiume Adda straripava allagando tutto il fondo valle nella zona industriale tra i comuni di Talamona e Morbegno.
La frana staccatasi il 28 luglio dal Monte Zandila
Nello stesso periodo veniva evacuato l'abitato di Torre di Santa Maria (dove il torrente Torreggio aveva travolto parecchie abitazioni) e all'imbocco dell'alta Valtellina i paesi di Chiuro e Sondalo. Anche i collegamenti con la Svizzera venivano interrotti: la dogana di Piattamala era difatti completamente inagibile.
Il lunedì[2]20 luglio la Strada statale 38 dello Stelvio e la linea ferroviaria risultavano ancora interrotte, perché le acque del lago creato dallo straripamento dell'Adda ad Ardenno defluivano lentamente; la Valtellina, sebbene ancora isolata, non era più soggetta al pericolo.
Il[3] 28 luglio avviene il fatto più tristemente famoso: la frana della Val Pola.
Tra il 18 e il 28 luglio l'emergenza si era spostata dalla Bassa all'Alta Valtellina. A monte della strozzatura del ponte del Diavolo, fra le Prese, a sud, e Cepina, a nord, il versante montuoso dà alcuni segnali: sull’alto versante montuoso della Val Pola, che si stende ai piedi del monte Zandila, si notano preoccupanti fenditure. La maggiore è lunga circa 100 metri e larga una ventina. Il segnale è allarmante e, dopo un sopralluogo dei geologi la zona viene dichiarata inagibile.
Alle 7.23 del 28 luglio una frana si stacca dal monte Zandila (nota anche, ma impropriamente, come frana del Pizzo Coppetto, una montagna di 3066 metri d'altezza). Quaranta milioni di metri cubi di materiale precipitano a valle a una velocità di 400km/h, travolgendo e distruggendo completamente gli abitati di Sant'Antonio Morignone[4]e Aquilone (frazioni di Valdisotto). Fortunatamente i paesi erano stati evacuati precedentemente e ciò salva la maggior parte della popolazione ma viene travolta ugualmente dalla frana una squadra di 7 operai che era giunta in paese per svolgere i lavori di ripristino della ss.38 e alcuni abitanti della frazione di Aquilone, non evacuati perché ritenuti erroneamente fuori pericolo. Nessuno aveva previsto lo spostamento d'aria dovuto ai quaranta milioni di metri cubi di terreno franato, e la forza della frana risalita per alcune centinaia di metri sulla sponda opposta della montagna che costò la vita a 35 persone.
La paura per l'Alta Valtellina non finisce in quanto i detriti dell'enorme movimento franoso creano uno sbarramento alto 50 metri e bloccano il normale flusso del fiume Adda verso Tirano a sud. Si crea così un lago naturale che incombe su tutta la valle sottostante. Si ha paura di assistere ad un nuovo Vajont. Il lago sale mediamente di 2cm all'ora e si hanno 60 giorni di tempo per trovare una soluzione che eviti la tracimazione o persino il crollo dello sbarramento naturale.
Durante il mese di agosto gli esperti mettono sotto controllo il lago drenando parte dell'acqua che si accumula nell'invaso tramite gallerie di by-pass. Tuttavia a fine agosto le piogge riprendono con forte intensità, il lago cresce di 20cm all'ora e la situazione viene nuovamente definita grave. Si rende urgente un intervento sul corpo della frana per creare un nuovo alveo per il deflusso del fiume Adda e la conseguente tracimazione controllata del bacino. Anche su questo punto vi furono aspre controversie tra chi giudicava la tracimazione controllata l'unica soluzione e chi paventava i possibili rischi di un ulteriore e peggiore disastro se il fronte della frana avesse ceduto. In questo frangente il ministro Remo Gaspari risolse la questione autorizzando, sotto la propria personale responsabilità politica, la tracimazione controllata delle acque del fiume Adda.
Alle 22 di sabato 29 agosto i geologi Maione, Presbitero e Lunardi (futuro ministro di uno dei governi Berlusconi) prendono una decisione drastica: tutti i centri abitati nei pressi del corso dell’Adda, da Grosotto a Sondrio, devono essere evacuati prima di procedere alla tracimazione preventiva. Il giorno seguente, domenica 30 agosto 1987, si prepara il nuovo alveo, si scava una breccia sul fronte della frana e si comincia di nuovo a far defluire l'acqua accumulata a valle al ritmo di 40 metri cubi al secondo. In seguito gli evacuati rientrano nelle proprie case e nei giorni successivi il lago viene totalmente svuotato mentre l'Adda si adatta al nuovo corso. Dopo quasi 2 mesi l'emergenza si conclude.
Il 2 maggio 1990 il Parlamento Italiano emanò la legge n.102/90 (più nota come Legge Valtellina) in cui si prevede di destinare una somma di 2400 miliardi di lire nel sessennio 1989-1994 per il riassetto e il monitoraggio idro-geologico, la ricostruzione e lo sviluppo dei comuni della provincia di Sondrio e della adiacenti zone delle province di Bergamo, Como e Brescia.
Tra l'eredità della vicenda, l'adozione da parte di tutti gli organi di informazione di due termini che fino ad allora non erano praticamente mai stati utilizzati nella comunicazione giornalistica: idrovore e tracimazione; quest'ultimo negli anni verrà a sua volta lentamente sostituto da esondazione.

ECCO CHI HA INVENTATO L'ACQUA DI COLONIA

Giovanni Paolo Feminis

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Dipinto di autore anonimo e non datato. Nel retro della tela un testo in francese non firmato attribuisce il ritratto al profumiere di Colonia Giovanni Paolo Feminis (ca 1660-1736). Il dipinto è stato esposto per la prima volta l'11 luglio 2009 alla mostra La mirabilis storia dell'Acqua di Colonia di Santa Maria Maggiore (VB)
Giovanni Paolo Feminis (Crana, ca 1660[1]Colonia, 28 novembre 1736) è largamente riconosciuto dagli studiosi come l'inventore della formula dell'Aqua Mirabilis[2].
Prospetto informativo dell 1800 di Aziende di Giovanni Antonio Farina: Attestato della facoltà di Medicina di Colonia del 13 gennaio 1727 sulle qualità dell'Eau admirable di Giovanni Paolo Feminis
Prospetto informativo dell 1786 di Aziende di Giovanni Antonio Farina in cui si attesta che la formula della sua Eau admirable de Cologne gli è stata data da Giovanni Paolo Feminis (ca 1660-1736),

Indice

Biografia

Nacque a Crana, nella ossolana Val Vigezzo, si ritiene intorno al 1660, da Giovanni Antonio Feminis (1637-1666), detto Borgnetta. Il padre probabilmente ebbe due mogli: Domenica Rassiga, nata nel 1624, e Caterina Farina, nata nel 1625. Il libro dei battesimi di Crana dal 1647 al 1682 è andato perduto.
Feminis emigrò[3] in Germania in giovane età dove inizialmente e con ogni probabilità esercitò l’attività di apprendista al seguito di un commerciante vigezzino. Si stabilì prima a Bergka (oggi Rheinberg), poi dal 1685 a Mainz (Magonza), dove venne registrato come krämer, cioè come ambulante. Di non secondaria importanza per lo sviluppo della sua attività fu l'aiuto, sia in termini economici sia di esperienza, che gli venne da un amico conterraneo, Giovanni Maria Farina (1657-1732) mercante a Maastricht, in Olanda, poi fallito e morto in miseria

« Interessante una lettera a Giovanni Paolo Feminis (cogino et compadre carissimo) del 13 aprile 1714 in cui (Giovanni Maria,ndr) chiede al mercante di Crana di concedergli un prestito di 500 talleri reali che non gli verrà accordato.Già il 3 gennaio 1713, Jean Gille Taskin, fiduciario di Giovanni Maria Farina (Maastricht) a Colonia, gli comunicava che il Feminis era determinato a non intervenire in suo aiuto. Nella stessa missiva, a sottolineare le grandi difficoltà del Farina, il Taskin riferisce di non essere riuscito a vendere la croce di Mademoiselle Margot, pur essendo andato da un ebreo di Deutz. L’Eau de la Reine era uno dei prodotti in cui Giovanni Maria Farina (Maastricht) commerciava. In un’occasione richiede una boteglia dela vostra Acqua Admirable al cogino Giovanni Paolo Feminis, suggerendoci che il distillatore e mercante cranese producesse e commerciasse una sua Eau admirable. »

(Luigi Rossi, Il Piemonte in Europa, InterLine, 2009)
Sposato il 23 agosto 1687 con Sophia Ryfarts (ca 1660-1739) di Bergka, ebbe nove figli: Johanna Elisabetta (1688-1691), Carl Joseph (1689-1689), Bartolomaus Franziskus (1690), Anna Maria (1692-1692), i gemelli Johann Anton (1694) e Anna Maria(1694), Carl Joseph Mathias (1696), Johanna (1689-1737), Anna Maria Teresa (1702).
Particolare di un dipinto custodito nella sacrestia della chiesa di San Rocco di Crana, Val Vigezzo, (il ritratto rappresentato è di discussa attribuzione) in cui nella parte inferiore destra si attesta: Gio Paulo Feminis di Crana mercante dist.re d'Aqua admirabile in Colonia pri.le ben.re della chiesa pa.le di S.ta M.a mag.re del oratorio e casa comona. 1833
Giovanni Paolo Feminis nel 1693 si trasferì a Colonia, su sollecitazione anche della zia Catharina Feminis, proprietaria di un negozio di franceserie rimasta vedova, e ne incrementerà l'attività

« Il 9 dicembre 1679 Frau Catharina Feminis, vedova Bernardi, si presentò al Consiglio della libera città imperiale di Colonia.Nel verbale di quel colloquio si legge che si presentò a noi, Consiglio e Senato… la nostra concittadina Catharina, di robusta costituzione, dal colore del volto tendente al rosso e riferì di avere 36 anni e che, dopo la morte del marito, aveva deciso per motivi legati alla conduzione delle sue attività, di lasciare la nostra città per un viaggio ai luoghi natali. In patriam suam Mediolanensem»
L’8 giugno del 1695 a Feminis venne conferita la cittadinanza. Abitava nella strada Alla Bilancia d’Oro, detta poi strada Hohe, palazzo n° 2139[4]. Colonia aveva, all’epoca, circa 40 000 abitanti[5].
Il 3 dicembre 1704 Feminis ricevette il riconoscimento della Groβen Bürgerrechts, Grande cittadinanza, mediante il pagamento di 85 fiorini e 8 albi. E il 13 gennaio 1727 la sua Acqua di Colonia ebbe l’attestato della Facoltà di medicina di Colonia in seguito alla legge del 1723 che vietava ai negozianti di vendere droghe o medicine senza l’approvazione della Facoltà.
Feminis morì a Colonia il 28 novembre 1736 e fu seppellito nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo, poi distrutta. Non lasciò eredi maschi. Nella sua impresa commerciale gli succedette l’aiutante Giovanni Antonio Farina (1718-1787), figlio di Carlo Gerolamo (1693-1762).
Giovanni Antonio Farina[6] continuò a produrre l’Acqua di Colonia[7] riconoscendo sempre la paternità dell'invenzione al suo maestro[8]. Svolse la sua attività tramite la ditta Zur Stadt Mailand a partire dal 1750 con notevole successo.[9]
Negli ultimi anni di vita Giovanni Paolo Feminis fece ingenti donazioni[10] all’ospedale di Bergka, luogo di nascita della moglie Sophia, alla città di Colonia, ai Comuni di Crana e di Santa Maria Maggiore. Diede 200 doppie per riparare l’oratorio di Crana, 300 doppie per le riparazioni dei ponti e delle strade, 60.000 lire imperiali per la ricostruzione della parrocchia di Santa Maria Maggiore e ordinò che dopo la sua morte 5000 lire imperiali fossero date a favore della costruzione di una scuola sempre a Santa Maria per l’istruzione dei bimbi poveri. Un ritratto eseguito nel 1833 (non è certo si tratti di Feminis, però), conservato nella sagrestia della chiesa di San Rocco di Crana, riporta nella parte inferiore destra una scritta che elenca le donazioni di Giovanni Paolo Feminis a favore della comunità vigezzina[11]:

« Giovanni Paolo Feminis di Crana mercante distillatore d'Aqua ammirabile a Colonia principale benefattore della chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, dell'oratorio e casa comune di Crana. 1833. »

lunedì 11 giugno 2012

ANIMALI DI CUI SI PARLA POCO: LE FORMICHE

Leptothorax sp. Solenopsis fugax
Formicaio
Formica sp.
Formica sp.
 
La formica
Le formiche fanno parte della famiglia delle Formicidae, dell'ordine degli Imenotteri. Come tutti gli insetti le formiche hanno sei zampe e il loro corpo è diviso in tre parti: capo, torace e addome; sul capo è presente un paio di antenne piegate a gomito che sono il principale organo di senso per le formiche. Hanno delle mandibole molto resistenti e robuste che servono come difesa e per trasportare gli oggetti.
Le formiche vivono nel formicaio che può avere diverse strutture a seconda delle abitudini delle formiche che ci abitano: troviamo infatti dei formicai sotterranei e altri superficiali, che possono essere di legno, per le formiche che sfruttano i tronchi degli alberi morti, di foglie, per le formiche tessitrici che uniscono più foglie tra di loro con una sostanza secreta dalle larve, ed infine possono essere di terra e detriti ed appesi ad un albero.
Il formicaio ha varie entrate, tutte sorvegliate da una o più formiche; all'interno troviamo tantissimi cunicoli che possono terminare in una camera o sboccare in altri cunicoli; le stanze non sono tutte uguali e vengono usate per vari scopi: come dispensa, per l'allevamento delle uova e delle larve, o come camera per la regina.
La società delle formiche è divisa in caste: regina, maschi ed operaie.
La formica regina è l'unica femmina feconda, è più grande delle operaie, ha due grandi occhi composti sul capo, il torace molto largo e l'addome voluminoso. Prima dell'accoppiamento è provvista di due paia di ali che cadono subito dopo il volo nuziale, ma se ne riconoscono le tracce sotto forma di moncherini.
I maschi sono grandi come la regina, hanno due occhi composti molto grandi, il capo è più piccolo di quello della regina ed il torace è più stretto; hanno due paia di ali che non cadono mai.
Le operaie sono tutte formiche femmine che non depongono le uova; hanno occhi molto piccoli o non hanno occhi (nel formicaio non c'è luce), il torace è stretto e le zampe sono sottili per potersi muovere con estrema agilità in qualunque situazione. Le operaie hanno vari compiti: si aggirano sul terreno in solitudine oppure in gruppi formando delle colonne, raccolgono alimenti, fabbricano, riparano e difendono i nidi, allevano la prole e infine accudiscono la regina. Le antenne sono il più importante organo di senso per le formiche e sono sempre in movimento, palpeggiando tutto ciò che incontrano: oggetti, alimenti e compagne; è per mezzo delle antenne che le formiche si riconoscono tra loro, utilizzando sia il tatto che l'olfatto (una formica che ha perso le antenne non è più in grado di riconoscere le sue compagne, viene isolata dalla sua comunità, è destinata a morire). Le operaie possono essere tutte uguali oppure di due tipi: ne esistono di maggiori con testa grande, quadrata e mandibole potenti e di minori con testa piccola e rotonda; le prime sono soldati e le seconde operaie; a volte si possono trovare anche individui di dimensioni intermedie. Alcune volte le operaie ed i soldati appartengono a due caste completamente separate.

L'accoppiamento di regola avviene in volo, ma può verificarsi anche sugli alberi, sul suolo vicino al nido e in casi eccezionali all'interno del formicaio. In alcune specie i maschi non hanno le ali e quindi l'accoppiamento avviene per terra (non c'è il volo nuziale). In alcuni periodi dell'anno vengono prodotti individui maschi e femmine alati che sciameranno per fondare un nuovo formicaio. La femmina subito dopo l'accoppiamento perde le ali, mentre il maschio morirà di lì a poco. La femmina fecondata va alla ricerca di un buon posto dove costruire il suo formicaio. La fondatrice scava l'alloggio dove si rinchiude per deporre le uova e allevare le larve fino a quando le operaie nate dalla prima covata sono in grado di aiutarla; in questo periodo, che può essere molto lungo (50-140 giorni) la regina non mangia e consuma i muscoli alari che ormai sono inutili perché ha perso le ali, in casi estremi può anche mangiarsi delle uova. A volte la regina non è in grado di fondare una società senza l'aiuto delle operaie e quindi, dopo aver perso le ali, si introduce nel formicaio di un'altra specie, uccide la regina esistente, si insedia al suo posto e fa allevare le sue uova dalle operaie padrone del formicaio; le vecchie e le nuove operaie convivono per circa tre anni fino a quando le formiche ospiti non diventano più numerose delle padrone di casa e le cacciano.
Le formiche si cibano di liquidi e quando masticano alimenti solidi li impregnano con la saliva fino a farli diventare un succo, che viene in parte conservato nell'ingluvie ed il residuo passa nel sacco boccale. Le formiche sollecitano il rigurgito delle riserve dell'ingluvie con tintillamenti delle antenne. Alcune formiche non escono mai dal formicaio e vengono usate come botti, infatti quando le operaie tornano al formicaio con delle sostanze zuccherine le fanno mangiare a queste formiche botti che le conservano nell'ingluvie per poi distribuirle come cibo quando sarà necessario.
Le formiche sono molto pulite e curano soprattutto l'igiene delle antenne che vengono passate in una specie di pettine che si trova sulle zampe anteriori. Dato che da sole non arrivano a pulirsi tutto il corpo, si aiutano a vicenda usando la lingua e le mandibole. Tengono molto anche alla pulizia delle larve che non vengono solo pulite ma anche nutrite e spostate da una camera all'altra o in superficie a seconda delle variazioni climatiche. Le larve esudano grasso e secernono saliva di cui le loro governanti si cibano e sono molto ghiotte.
Quando due formiche dello stesso formicaio si incontrano hanno due possibilità: o si ignorano o si fermano e cominciano a toccarsi con le antenne, dopo di che possono rigurgitare del cibo liquido l'una per l'altra, pulirsi a vicenda oppure una delle due può trasportare l'altra; questi comportamenti sono molto importanti perché rafforzano i legami esistenti nella società.
Le formiche si riconoscono a vicenda grazie all'olfatto, infatti tutti gli abitanti del formicaio hanno lo stesso odore.
Nel loro peregrinare le formiche sono guidate dall'olfatto, ma sembra che anche la posizione del sole abbia un ruolo importante.
Alcune formiche allevano nelle gallerie del proprio formicaio gli afidi delle radici. Le formiche accarezzano e curano gli afidi, li cambiano di posto sulle radici, curano la loro prole, li trattano come bestiame, per poi ottenere la melata zuccherina che gli afidi emettono dall'ano. Altre formiche allevano gli afidi sugli alberi.
All'interno di una camera del formicaio le formiche coltivano dei funghi di cui si nutrono. I funghi nascono da una massa spugnosa fatta da foglie triturate portate all'interno dalle operaie. Quando una femmina è pronta per sciamare porta con se un pezzettino di questa spugna così avrà il nutrimento nel periodo di fondazione del formicaio.

sabato 9 giugno 2012

FRUTTI DIMENTICATI: LA MORA DI GELSO

La mora di gelso
Tutti hanno assaggiato, almeno una volta nella loro vita, le more di rovo. Quanti conoscono invece quelle di gelso? Pochi, perché i gelsi, un tempo molto diffusi per l’allevamento dei bachi da seta, sono ora quasi scomparsi dalle nostre campagne: riscopriamoli e gustiamone frutti.
Mora di gelsoPoteva forse mancare tra le centiania di trasformazioni che Ovidio racconta nelle sue Metamorfosi un riferimento alle more di gelso? Naturalmente no. E il racconto a loro dedicato probabilmente vi sembrerà famigliare, molto simile infatti alla tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta. Qui i protagonisti sono due giovani babilonesi, Piramo e Tisbe, che si amano intensamente nonostante l’opposizione delle famiglie. A causa di un tragico equivoco muoiono entrambi e, per il sangue uscito dai loro corpi, le bacche del gelso (l'albero del loro fatale incontro) da bianche divengono scure.
Non quelle di tutti i gelsi, però: esistono infatti tutt’oggi sia gelsi bianchi (Morus alba) che neri (Morus nigra). Quelli bianchi, provenienti dall’estremo oriente (Cina, Giappone, Tailandia, Malesia e Birmania), si diffusero in Europa soprattutto per via della produzione della seta; le sue foglie, infatti, costituivano il cibo prediletto ed esclusivo dei bachi. Il gelso nero, invece, ha come zona d’origine il medio Oriente: Persia, Turchia e Arabia. Già i Romani ne conoscevano i frutti che erano apprezzati non solo da Ovidio, ma anche da Plinio il Vecchio.

Il gelso, oltre a produrre le more, è una pianta molto bella che può essere utilizzata a scopo ornamentale. Il fusto può raggiungere i 20 metri, la chioma è espansa, i rami sono di colore giallo-grigiastro per il Morus alba, e grigi o bruni nel caso la pianta sia una Morus nigra. Particolarità di questa pianta è che, essendo monoica, può presentare nella stessa pianta infiorescenze sia maschili sia femminili o anche infiorescenze ermafrodite. I frutti, caratteristici per trattenere il picciolo quando cadono dall’albero, hanno caratteristiche diverse a seconda della varietà della pianta.Le more di Morus alba sono tonde, piccole e il loro colore può variare dal bianco al nero. Quelle di Morus nigra hanno una forma oblunga, sono piuttosto grosse e di colore nero o rosso scuro.

Costituita per l’85% da acqua, la mora di gelso contiene anche proteina e fibra grezza, acidi liberi e molti zuccheri invertiti. È ricca di carotene e, come tutti i frutti di bosco, di vitamina B1, B2 e C. Quelle rosso scuro o nere devono il loro colore al contenuto di sostanze fenoliche della categoria degli antociani. Vengono usate come tonici e sedativi nella medicina orientale. Le more della varietà nigra sono sfruttate, inoltre, per curare il mal di denti, la stitichezza, gli eczemi e la tosse. Da queste si può anche ricavare uno sciroppo ottimo contro le infiammazioni della gola. È dimostrato che la mora di gelso non solo stimola l’apparato gastrointestinale, ma funge anche da sedativo del sistema nervoso centrale. Si suppone, e si stanno facendo studi per provarlo, che questo frutto, inoltre, riduca la febbre e induca sonnolenza.

I frutti del gelso vengono consumati per lo più freschi, soprattutto per esaltare il gusto e il colore delle macedonie. Alcuni popoli dell’Himalaya, però, ricavano dalle more secche una farina, che mescolano a quella di mandorle da consumare durante l’inverno. I frutti, poi, possono essere utilizzati anche per preparare sciroppi, gelatine, marmellate, sorbetti e dolci di vario genere e anche una grappa molto alcolica. Un’ultima curiosità: il succo delle more rosse, vista la sua intesa colorazione, viene impiegato come colorante naturale dall’industria alimentare.
Viola Murrone
7/5/2004

AMARENA IL FRUTTO OTTIMO MADIMENTICATO...

Amarena o ciliegia acida


Il ciliegio acido (Prunus cerasus) appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae, è originario del Medio Oriente, delle regioni del Caucaso e dell'Armenia ed è diffuso in Europa fin dalla preistoria. È presente in tutta Italia e si può trovare fino ai 1800 metri di quota. La pianta, rustica e con attitudine pollonifera, è un grande arbusto alto al massimo fino a 6 metri, con chioma a folta vegetazione, foglie di forma ovale, dure, glabre, acuminate, lunghe 3-8 cm e larghe 1,5-4 cm. Presenta rami a legno e rami a frutto. I fiori sono bianchi con diametro di 2,5 cm, portati a mazzi sui rametti di un anno e fioriscono in primavera. Il ciliegio acido è autofertile: viene cioè fecondato con polline proveniente da fiori della stessa varietà. I frutti, chiamati anche amarene, sono drupe con lungo peduncolo, di color rosso intenso, con polpa e succo di colore chiaro dal sapore asprigno, ricche di vitamina C e di provitamina A. Vengono utilizzate per la preparazione di sciroppi, marmellate, succhi, canditi, salse, sorbetti e mostarde e anche di liquori
I peduncoli dei frutti sono ricchi di acidi organici, vitamine C e B, e vengono impiegati nella preparazione di decotti ad azione diuretica, antiurica ed antigottosa. I peduncoli si raccolgono quando quando i frutti sono completamente maturi e si essicano all'ombra rivoltandoli spesso. Si conservano in barattoli di vetro al riparo dalla luce.

mercoledì 6 giugno 2012

IL BISONTE E' IL PIU' GAY TRA GLI ANIMALI

proseguiamo il nostro viaggio tra gli animali che praticano l'omosessualità con questo articolo del 2006 tratto dal corriere della sera. 
In mostra a Oslo una ricerca sui comportamenti sessuali
Il bisonte? E' il più gay tra gli animali
Un fenomeno imprevisto: l'omosessualità si manifesta in 1.500 specie. Dal tricheco bisex alle tecniche di conquista dei leoni


Un bisonte (Internet)
Un bisonte (Internet)
Molti animali sono gay: il fatto è abbastanza assodato nel mondo degli studiosi. Meno assodato è che anche autentiche icone della virilità, come i bisonti americani, siano stati sorpresi e immortalati in atteggiamenti e pose inequivocabili. I maschi sono più grossi delle femmine: possono raggiungere anche i 190 centimetri di altezza al garrese e pesano in media 750-900 chili. Lunghi studi nelle mandrie delle praterie nordamericane hanno portato a una conclusione: tra i maschi, i rapporti omosessuali sono più comuni di quelli eterosessuali. Lo studio dei comportamenti e dei costumi sessuali negli animali ha portato a conclusioni sorprendenti.

I maschi adulti dei trichechi, per esempio, sono bisex: durante la stagione degli amori si accoppiano come da copione con l'altro sesso; nel resto dell'anno si trastullano invece con esemplari più giovani. «L'omosessualità è stata ora osservata in più di 1500 specie animali e il fenomeno è stato ben descritto per 500 di esse» sostiene Peter Bockman coordinatore della mostra «Contro Natura?» inaugurata qualche giorno fa a Oslo, presso il Museo di Storia Naturale dell'Università e aperta sino al agosto 2007, la prima al mondo che affronta questo tema. «L'argomentazione che l'omosessualità non può essere accettata perché contro le leggi della natura può essere ora confutata dal punto di vista scientifico — osserva ancora Bockman —. La continuazione della specie attraverso la riproduzione non è l'unico scopo delle attività sessuali in cui sono coinvolti diversi animali, uomo compreso. Il rapporto tra animali dello stesso sesso può essere utilizzato per creare alleanze e protezione tra i partner. In situazioni in cui la specie è bisessuale, come nel caso degli scimpanzé nani, le relazioni omosessuali possono consentire quindi di consolidare i legami sociali».

Fino a qualche decina di anni fa l'omosessualità, osservata principalmente in animali addomesticati o esemplari selvatici tenuti in cattività, veniva bollata come una espressione anomala della sessualità animale (se non addirittura una patologia) e ricondotta a diverse cause scatenanti, come la presenza di individui dello stesso sesso confinati in una gabbia o in un recinto (come nel caso delle carceri umane), o carenze o eccessi di ormoni sessuali o un difetto di informazione (imprinting errato) nelle prime fasi di vita di un animale. Allevando ad esempio pulcini maschi di anatra per più di tre mesi in assenza di una presenza femminile, una volta adulti questi tendono a formare coppie dello stesso sesso. L'intensa attività di campo di biologi sta cambiando gli orizzonti, sollevando la cortina su questi comportamenti considerati «deviati» da una parte della scienza e della società e rendendo sempre più labile il confine tra omosessualità e eterosessualità. I maschi di delfini tursiopi sono, ad esempio, generalmente bisessuali, ma vivono periodi di esclusiva omosessualità. Nelle balene grigie le interazioni omosessuali sono abbastanza frequenti. Il 40% della popolazione maschile di galletti di roccia ( Rupicola rupicola), uccelli della foresta amazzonica, è coinvolta in attività omosessuali e una piccola parte di questa non si accoppia mai con delle femmine.

C'è chi, tra le coppie gay animali, ha addirittura risolto il problema della maternità. E' il caso dei cigni neri in cui può accadere che un partner della coppia omosex si riproduca regolarmente, per appropriarsi poi dell'uovo deposto dalla partner e incubarlo poi con il compagno. I due possono, in alternativa, anche arrivare a scacciare dal nido la coppia eterosessuale, adottandone le uova; un comportamento osservato anche nei fenicotteri. Ci vuole però prudenza nel dichiarare gay un animale, in quanto un comportamento apparentemente omosessuale, può essere a volte finalizzato alla trasmissione di uno specifico messaggio. Succede tra i leoni. Un giovane maschio si avvicina a un adulto recitando la parte di una femmina in calore, un meccanismo che tipicamente serve a bloccare l'aggressività. Una bella tattica, utilizzata per non essere aggredito. Ai nostri occhi, però, quel felino è gay. Roberto Furlani
Roberto Furlani
12 dicembre 2006